Dīgha Nikāya

Udumbarika-Sihanada Sutta

25. Il ruggito del leone a Udumbarika

Così ho sentito. Una volta, il Sublime soggiornava presso Rajagaha sulla montagna del Picco dell’Avvoltoio. In quel tempo, Nigrodha l’asceta errante soggiornava a Udumbarika, con circa tremila asceti erranti. Una mattina, all’alba, il capofamiglia Sandhana si recò a Rajagaha per far visita al Sublime. Pensò: “Non è il momento adatto per vedere il Sublime. Egli medita in solitudine; non è il momento adatto per vedere i monaci, anche loro sono in contemplazione. Forse sarà meglio andare ad Udumbarika per visitare Nigrodha.” E così fece.

In quell’occasione Nigrodha, l’asceta errante, sedeva circondato dai suoi discepoli, discutendo ad alta voce di re, ladri, ministri, eserciti, terreni; donne ed eroi; pettegolezzi di strada; storie di morti; storie di diversità, (discussioni filosofiche sul passato e sul futuro), sulla creazione del mondo e del mare, sull’esistenza o no delle cose.

Quindi, Nigrodha, l’asceta errante vide arrivare da lontano il capofamiglia Sandhana, e richiamò all’ordine tutti i suoi discepoli, dicendo: “Venerabili, non fate rumore. Sta arrivando il capofamiglia Sandhana, discepolo laico di Gotama. Ora tali venerabili godono del silenzio, praticano il silenzio e lodano la quiete. Se ci trova in silenzio, penserà: “Gli asceti erranti rispettano il silenzio.”

Il capofamiglia Sandhana si avvicinò all’asceta errante Nigrodha, e dopo aver scambiato con lui cortesi e rispettosi saluti, si sedette accanto. Appena seduto Sandhana disse: “Venerabili, gli asceti erranti si comportano come le altre sette: discutono ad alta voce di questioni inutili… Il modo del Sublime è diverso. Egli vive nella foresta, lontano dal rumore, in quiete, in solitudine.”

Appena Sandhana ebbe finito di parlare, Nigrodha rispose: “Bene, capofamiglia, chi conosce i discorsi di Gotama? Parla? Come ottiene la saggezza? La saggezza di Gotama è distrutta dalla vita solitaria, non riesce a partecipare alle riunioni, non ha abilità di parlare, è spento.

Se Gotama partecipasse a questa riunione, capofamiglia, lo metteremo in difficoltà con una sola domanda, lo lasceremmo cadere come una pentola vuota.”

Ora, il Sublime tramite l’orecchio divino udì quella conversazione tra il capofamiglia Sandhana e l’asceta errante Nigrodha. Discese dal Picco dell’Avvoltoio e si recò presso Sumagadha. Quindi, Nigrodha vedendolo arrivare richiamò all’ordine i propri discepoli: “Venerabili, non fate rumore. Gotama sta arrivando. A lui piace il silenzio e raccomanda il silenzio. Forse, se ci trova in silenzio, penserà che rispettiamo il silenzio. Poi gli faremo questa domanda: “Venerabile, qual è la pratica con cui il Sublime e i suoi discepoli riconoscono i principi fondamentali della vita santa?” Dette queste parole gli asceti erranti rimasero in silenzio.

Quindi il Sublime si avvicinò all’asceta errante Nigrodha, e costui si rivolse a lui con queste parole: “Venga Sublime! Benvenuto Sublime! Si segga a questo posto preparato.” Il Sublime si sedette sul posto che gli era stato preparato e Nigrodha si sedette ad un lato, in un posto più basso.

Appena seduto il Sublime disse: “Nigrodha, quale discussione ho appena interrotto?” Nigrodha rispose: “Venerabile, abbiamo visto il Sublime presso Sumagadha e abbiamo pensato: “Se Gotama venisse qui gli potremmo fare questa domanda: ‘Venerabile, qual è la pratica con cui il Sublime e i suoi discepoli riconoscono i principi fondamentali della vita santa?’.

“Nigrodha, è difficile per chi ha altre idee accettare altri insegnamenti, approvare altri insegnamenti, capire la dottrina insegnata ai miei discepoli… Nigrodha, esamini il proprio insegnamento, la propria conoscenza e pratica. In che modo è praticata la rinuncia e la mortificazione, e come sono vissute?”

Detto questo, gli asceti erranti ciarlarono a voce alta, con grande rumore e clamore: “Meraviglioso, signore! L’asceta Gotama ci invita ad una ampia discussione sulle proprie dottrine e teorie!”

Quindi Nigrodha invitò i suoi discepoli al silenzio e disse al Sublime: “Venerabile, insegniamo le supreme austerità e le consideriamo come essenziali, siamo devoti. Ciò costituisce completamento o nessun completamento?”

“Supponga, Nigrodha che un asceta stia nudo, rifiuti le convenzioni… uguale a v. 14. Vestito con canapa, con sudari, con pezzi di corteccia d’albero… Si alimenta con rifiuti, cioè concime di vacca, orina di vacca, ceneri e creta. Non beve mai acqua fredda. Purifica il corpo con tre abluzioni in acqua ogni giorno. Cosa pensate, Nigrodha, in questo modo la suprema pratica è compiuta?”

“In questo modo, venerabile, è compiuta.” “Invece, Nigrodha, ritengo che in questo modo la suprema pratica sia imperfetta.”

“Così, venerabile, ritiene che sia imperfetta?” “Prendiamo il caso, Nigrodha, di un asceta che pratica una certa dottrina. Come risultato, egli è soddisfatto e felice per avere portato a termine il suo scopo. E ciò è un’imperfezione. Oppure si elogia verso gli altri. Anche ciò è un’imperfezione. Oppure diventa arrogante e negligente. E ciò è ancora un’imperfezione.

Ancora, un asceta segue una certa pratica e ciò gli reca onore e fama. Come risultato, egli è soddisfatto e felice per avere portato a termine il suo scopo… Oppure si elogia e disprezza gli altri… Ciò è un’imperfezione. Ancora, un asceta segue una certa pratica e divide il cibo in due parti, dicendo: ‘Questo mi soddisfa, quello non mi soddisfa! ‘E ciò che non lo soddisfa lo rifiuta impazientemente, mentre ciò che lo soddisfa lo mangia con avidità, in modo imprudente ed avido, senza vederne il pericolo, senza pensare alle conseguenze. E ciò è un’imperfezione. Ancora, un asceta segue una certa pratica solo per ottenere dei guadagni, e pensa: ‘Re e ministri mi onoreranno, i Khattiya, brahmani, capifamiglia e fedeli. ‘E ciò è un’imperfezione.

“Ancora, un asceta disprezza qualche brahmano, dicendo: ‘La sua vita è piena di abbondanza! … possiede tutto … ‘E ciò è un’imperfezione. O vede un altro brahmano sopravvalutato dalle famiglie, onorato, rispettato ed adorato, e pensa: ‘Lo sopravvalutano, lo onorano, lo rispettano, lo adorano, mentre io, che sono il vero asceta, non ricevo quel tipo di trattamento! ‘Così è invidioso e geloso. E ciò è un’imperfezione.

“Ancora, un asceta occupa una posizione preminente. E ciò è un’imperfezione. O cammina sfarzosamente fra le famiglie, dicendo: ‘Guardate, questa è la mia pratica!’ E ciò è un’imperfezione. O si comporta in un modo che dissimula. Alla domanda: ‘Lei approva quello? ‘Anche se non lo approva, dice: ‘Approvo ‘, o se lo approva, dice: ‘Non approvo. ‘Così è un bugiardo consapevole. E ciò è un’imperfezione.

“Ancora, un asceta evita di essere d’accordo con il Tathagata o con un suo discepolo. E ciò è un difetto. Oppure è cattivo e burbero. E ciò è un difetto. Oppure è furioso e risentito, invidioso ed avido, dissimulatore, caparbio ed arrogante con desideri bramosi, con false idee e conoscenza; è attratto dal mondano, colmo di attaccamento. E ciò è un difetto. Cosa pensate, Nigrodha, sono cose imperfette per una retta pratica?” “Certamente, venerabile.”

“Ora, Nigrodha, prendiamo il caso di un asceta che segue una certa pratica e, come risultato, non è soddisfatto e felice per avere portato a termine il suo scopo. In quel caso è purificato e nè si elogia e né disprezza gli altri… come prima.

Di nuovo, un asceta non evita di essere d’accordo con il Tathagata o con un suo discepolo… In questo caso è purificato e non è né cattivo né burbero, né furioso né risentito, né invidioso né avido, né dissimulatore, non è né caparbio né arrogante, senza avidi desideri, con rette visione e conoscenza; ed è privo di attaccamento. Cosa pensate, Nigrodha, la suprema pratica è purificata da quelle cose?” “Certo, venerabile, giunge alla compiuta pienezza.” “No, Nigrodha, non giunge alla compiuta pienezza … penetra appena la corteccia.”

“Bene, venerabile, come giunge alla compiuta pienezza e pratica?

“Nigrodha, prendiamo il caso di un asceta che osserva i precetti fondamentali. E quali? Non nuoce ad un essere vivente, … ; non prende ciò che non è dato … ; non dice bugie; non desidera i piaceri sensuali, ecc…

“Quindi cerca un luogo solitario, … Dopo il pasto, di ritorno dalla questua, siede a gambe incrociate e mantiene il suo corpo eretto e la sua presenza mentale vigilante. Abbandonando la cupidigia nei riguardi del mondo, egli dimora con una consapevolezza priva di cupidigia. Purifica la sua mente dalla cupidigia. Abbandonando la cattiva volontà e l’ira, egli dimora con una consapevolezza priva di cattiva volontà, rivolto al benessere di tutti gli esseri viventi. Purifica la sua mente dalla cattiva volontà e dall’ira. Abbandonando il torpore e l’indolenza, egli dimora con una consapevolezza priva di torpore ed indolenza, mentalmente presente, vigile, capace di percepire l’illuminazione mentale. Purifica la sua mente dal torpore e dall’indolenza. Abbandonando l’agitazione e l’ansia, egli dimora imperturbato, la sua mente internamente calma. Purifica la sua mente dall’agitazione e dall’ansia. Abbandonando il dubbio, egli dimora oltre l’incertezza, senza perplessità nei riguardi delle qualità mentali salutari. Purifica la sua mente dal dubbio.

Avendo abbandonato questi Cinque Ostacoli ed eliminato con la forza della visione profonda tutte le impurità che influenzano la mente, pervade tutto il mondo, sopra e sotto, ovunque, di amore ed equanimità. […]

Cosa pensate, Nigrodha, la suprema pratica è purificata da quelle cose, o no?” “Certamente, venerabile, giunge alla compiuta pienezza …” “No, Nigrodha, non giunge alla compiuta pienezza …penetra appena la corteccia esterna.”

“Bene, venerabile, come la pratica giunge alla compiuta pienezza, …?”

“Nigrodha, prendiamo il caso di un asceta che osserva i precetti fondamentali… come prima, senza odio e cattiva volontà. Egli è memore delle sue molteplici esistenze passate, una nascita, due nascite, tre nascite, quattro, cinque, dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, cento, mille, centomila, innumerevoli evi cosmici [ricorda]: “Là avevo tale nome, appartenevo a quella famiglia, avevo tale sembianza. Tale era il mio cibo, i miei piaceri e le mie sofferenze, così fu la fine della mia vita. Trapassando da quello stato, rinacqui in un’altra esistenza. In quell’altra esistenza avevo tale nome, appartenevo a quella famiglia, avevo tale sembianza. Tale era il mio cibo, i miei piaceri e le mie sofferenze, così fu la fine della mia vita Trapassando da quell’esistenza, rinacqui in questo mondo, e così via. (simile a DN 1, vv. 1.31).

Quando il capofamiglia Sandhana notò: “Questi asceti erranti davvero stanno ascoltando le parole del Sublime ed inchinano le loro menti nella direzione della perfetta saggezza. Allora disse a Nigrodha: ‘Nigrodha venerabile, tu dicesti: “Bene, capofamiglia, chi conosce i discorsi di Gotama? Parla? Come ottiene la saggezza? La saggezza di Gotama è distrutta dalla vita solitaria, non riesce a partecipare alle riunioni, non ha abilità di parlare, è spento.” […]

Avendo percepito lo stato d’animo di Nigrodha, il Sublime disse: “E’ vero, Nigrodha, che hai detto queste parole?”

“Venerabile, è vero, ho parlato in modo sciocco, sbagliato e cattivo.”

“Cosa pensi, Nigrodha? Hai mai sentito da qualche venerabile asceta errante, saggio, maestro dei maestri, dire che coloro che in epoche passate erano Arahat, Supremi Buddha, Tathagata quando si riunivano erano soliti gridare o discutere ad alta voce di re, ladri, ministri, eserciti, terreni; donne ed eroi … sull’esistenza o no delle cose? O invece quei Beati si ritiravano in una foresta in completa solitudine, come succede adesso?”

“Signore, ho sentito dire che coloro che erano Arahat, Supremi Buddha, Tathagata quando si riunivano non erano soliti gridare o discutere ad alta voce di re, … ma si ritiravano in una foresta in completa solitudine, come succede adesso.”

“Nigrodha, sei una persona intelligente e saggia. Non hai mai pensato: “Il Beato è illuminato ed insegna la dottrina del risveglio, è padrone di sé ed insegna la dottrina della padronanza di sé, è calmo ed insegna la dottrina della serenità. E’ libero ed insegna la dottrina della liberazione, ha raggiunto il Nibbana ed insegna la dottrina che conduce al Nibbana?”

A tali parole Nigrodha rispose: “Ho commesso un grave errore, venerabile. Sono stato stolto ed incosciente. Che il Sublime accetti questa mia confessione.” “In verità gli errori si commettono quando si è ciechi ed esposti al male. Ma una volta riconosciuta la natura delle proprie colpe e fatto ammenda, noi accettiamo la tua confessione. Perché, Nigrodha, è un segno del progresso nella disciplina dei Nobili, riconoscere la natura della propria colpa e farne ammenda.

Inoltre, Nigrodha, ti dico questo: “Quando una persona intelligente, onesta e sincera viene da me, sono lieto di offrire i miei insegnamenti, di insegnargli il Dhamma. E se pratica rettamente dopo sette anni, otterrà uno di questi due frutti: la più alta conoscenza qui e ora, o—se vi fosse un residuo di dipendenza e attaccamento—il non ritorno (la cessazione delle future nascite).

…per sei anni, …per cinque anni, … per quattro anni, … per tre anni… per due anni, …, per un anno, … per sette mesi, … per sei mesi…per cinque mesi, …per quattro mesi, … … per tre mesi, …per due mesi, … per un mese, …per mezzo mese, …… per una settimana,… fino a raggiungere la meta.”

Nigrodha, potresti pensare: “L’asceta Gotama parla così per avere altri discepoli.” Ma sei in errore. Perché il tuo maestro deve rimanere il tuo maestro. O potresti pensare: “Vuole farci abbandonare le nostre regole.” Ma sei in errore. Perché le vostre regole devono rimanere le stesse. O potresti pensare: “Vuole farci abbandonare il nostro modo di vivere.” Ma sei in errore. Perché il vostro modo di vivere deve rimanere lo stesso. O potresti pensare: “Vuole farci credere la nostra dottrina è falsa.” Ma sei in errore. Considera la tua dottrina come vuoi. Non parlo così per altri scopi …

Ci sono, Nigrodha, cose non salutari che bisogna abbandonare, eliminare, che conducono alla rinascita, che portano sofferenza, associate con la nascita, la vecchiaia e la morte. Io insegno il Dhamma per far abbandonare tali cose. E se praticato rettamente, tutte queste cose saranno sradicate, e si otterrà, tramite la profonda visione, la liberazione e la piena retta conoscenza.

A queste parole gli asceti erranti rimasero ammutoliti, attoniti, pensierosi e smarriti, perché avevano le menti in possesso di Mara. Allora il Sublime pensò: “Ognuno di questi stolti uomini è pervaso dal Male, tanto da non pensare: “Seguiamo la vita santa proclamata dall’asceta Gotama, così possiamo raggiungere la liberazione in sette giorni.”

Poi il Sublime, dopo aver pronunciato il suo ruggito del leone nel parco di Udumparika, si levò in aria e raggiunse il Picco dell’Avvoltoio. Mentre il capofamiglia ritornò a Rajagaha.