Dīgha Nikāya
Pasadika Sutta
29. L’affascinante sermone
Così ho sentito. Un tempo il Sublime soggiornava presso i Sakya, all’istituto d’istruzione, nel boschetto di mango di proprietà della famiglia Vedhañña. In quel tempo Nataputta il Nigantha era da poco morto a Pava. Alla sua morte i Nigantha si divisero in due fazioni, presi a litigare e a disputare, a combattersi ed ad ingiuriarsi a vicenda con una guerra di parole: “Tu non conosci questa dottrina.—Io sì!” “Come puoi conoscere questa dottrina e disciplina?” “Tu sei su una falsa strada.—La mia è giusta!” “Io sono coerente, tu no!” “Tu hai detto alla fine ciò che deve essere detto all’inizio, e hai detto all’inizio ciò che deve essere detto alla fine!” “La tua affermazione è stata confutata, tu sei stato vinto!” “Orsù, ripudia la tua dottrina—o liberatene finché puoi!” In breve tempo i Nigantha, discepoli di Nataputta, iniziarono ad uccidersi l’un l’altro. Anche i seguaci laici dalla veste bianca, discepoli di Nataputta, erano amareggiati, dispiaciuti e rattristati verso i Nigantha nel constatare che la loro dottrina e disciplina era così ingiustamente proclamata, così poco lodevole, così inutile a calmare le passioni, essendo stata proclamata da un maestro non pienamente illuminato, ed oggi rovinata perché senza sostegno morale e senza guida.
Ora il novizio Cunda, dopo aver trascorso la stagione delle piogge a Pava, si recò a Samagama per rendere visita al Ven. Ananda. Dopo averlo salutato, si sedette ad un lato e disse: “Signore, Nataputta il Nigantha è da poco morto a Pava. Alla sua morte … i Nigantha si sono divisi in due fazioni, … si combattono e si ingiuriano … Anche i seguaci laici dalla veste bianca, discepoli di Nataputta, sono amareggiati, … nel constatare che la loro dottrina e disciplina è così ingiustamente proclamata, … ed oggi rovinata perché è senza sostegno morale e senza guida.”
Quindi il Ven. Ananda disse al novizio Cunda: “Amico Cunda, è il caso di riferire tutto al Sublime. Andiamo da lui.”
“Bene, signore.”—rispose il novizio Cunda.
Così il Ven. Ananda ed il novizio Cunda si recarono dal Sublime e dopo averlo salutato ed essersi seduti a lato, gli raccontarono dei Nigantha.
(Il Buddha:) “In questo caso, Cunda, abbiamo un maestro non pienamente illuminato ed una dottrina mal proclamata, poco lodevole, che non conduce alla pace, esposta da un maestro non pienamente illuminato. In tale dottrina, inoltre, il discepolo non è capace di vivere secondo i canoni di quella dottrina, né di acquisire una retta condotta, né di rispettare i precetti, ma costantemente si allontana da quella dottrina. Gli si potrebbe dire: “Amico, hai ricevuto la tua dottrina, e la tua opportunità. Il tuo maestro non è pienamente illuminato; la sua dottrina è mal proclamata, mal espressa, poco lodevole, non conduce alla pace, non è esposta da un maestro pienamente illuminato. Tu non sei capace di vivere secondo i canoni di quella dottrina, né di acquisire una retta condotta, né di rispettare i precetti, ma costantemente ti allontani da quella dottrina.” Allora, Cunda, sia il maestro sia la dottrina sono da biasimare, mentre il discepolo è da lodare.
Ora gli si potrebbe dire a quel discepolo: “Orsù, reverendo, praticate secondo la dottrina insegnata e proclamata dal vostro maestro! Ora, sia colui che esorta, sia colui che è esortato, ed anche chi, dopo esser stato esortato, pratica di conseguenza—tutti costoro generano molto demerito. E perché? Perché la loro dottrina e disciplina sono mal proclamate, mal espresse, poco lodevoli, non conducono alla pace, non sono esposte da un maestro pienamente illuminato.
Considera ora, Cunda, il maestro non pienamente illuminato e la dottrina mal proclamata, mal espressa, poco lodevole, che non conduce alla pace, non esposta da un maestro pienamente illuminato, mentre il discepolo è capace di vivere secondo i canoni di quella dottrina, di acquisire una retta condotta, di rispettare i precetti, costantemente conforme alla dottrina. Gli si potrebbe dire: “Amico, sei stato sfortunato (ad avere tale maestro), e nella tua opportunità; il tuo maestro non è pienamente illuminato; la tua dottrina è mal proclamata, mal espressa, …; mentre tu vivi secondo i canoni di quella dottrina … costantemente conforme alla dottrina.” In questo caso, Cunda, sia il maestro sia la dottrina sia il discepolo sono da biasimare. Gli si potrebbe dire: “In verità, reverendo, seguendo quel sentiero avrete dei benefici!” Allora colui che esorta e colui che è esortato e colui che, così esortato, aumenta maggiormente lo sforzo—tutti costoro generano molto demerito. E perché? Perché la dottrina è mal proclamata … da un maestro non pienamente illuminato.
Considera ora, Cunda, il maestro pienamente illuminato e la dottrina ben proclamata, … ma il discepolo non è capace di vivere secondo i canoni di quella dottrina, … e costantemente si allontana da quella dottrina. Gli si potrebbe dire: “Amico, non hai seguito (la dottrina), hai perso un’opportunità. Il tuo maestro è pienamente illuminato, la sua dottrina è ben proclamata, … mentre tu ti sei allontanato da quella dottrina.” In questo caso, Cunda, il maestro e la dottrina sono da lodare, mentre il discepolo è da biasimare. E se si dicesse a questo discepolo: “Reverendo, seguite i canoni della dottrina insegnata e proclamata dal vostro maestro.” Allora colui che esorta e colui che è esortato e colui che, così esortato, segue i canoni della dottrina—tutti costoro generano molto merito. E perché? Perché la dottrina è ben proclamata … da un maestro pienamente illuminato.
Considera ora, Cunda, il maestro pienamente illuminato, la dottrina ben proclamata, … ed il discepolo segue i canoni della dottrina, … costantemente conforme a quella dottrina. Gli si potrebbe dire: “Amico, tu sei fortunato ad avere un tale maestro e una tale opportunità … e segui costantemente i canoni della dottrina.” In questo caso, Cunda, sia il maestro sia la dottrina sia il discepolo sono da lodare. E se si dicesse a questo discepolo: “In verità, reverendo, avete seguito i canoni della dottrina e avete ottenuto dei benefici.” Allora colui che esorta e colui che è esortato e colui che, così esortato, aumenta maggiormente lo sforzo—tutti costoro generano molto merito. E perché? Perché la dottrina è ben proclamata … da un maestro pienamente illuminato.
Considera ora, Cunda, un maestro disceso al mondo, un Arahant, pienamente illuminato; una dottrina ben proclamata, … da un maestro pienamente illuminato; i suoi discepoli non divenuti esperti del vero Dhamma, né hanno raggiunto totalmente il sommo scopo della vita santa, né esso è stato compreso pienamente tanto da renderlo manifesto ed esporlo a tutta l’umanità, una volta morto il maestro.
Ora, in questo caso, la morte di un maestro è una sventura per i suoi discepoli. Perché? (Essi pensano:) “Il nostro maestro è disceso per noi al mondo, un Arahant, pienamente illuminato; un Dhamma è stato ben proclamato, … da un maestro pienamente illuminato. Ma noi non siamo diventati esperti del vero Dhamma, né abbiamo raggiunto totalmente il sommo scopo della vita santa, né esso è stato da noi compreso pienamente tanto da renderlo manifesto ed esporlo a tutta l’umanità, una volta morto il maestro. Ora il nostro maestro è morto!” In questo caso, Cunda, la morte di un maestro è una sventura per i suoi discepoli.
Considera ora, Cunda, un maestro disceso al mondo, un Arahant, pienamente illuminato; una dottrina ben proclamata, … da un maestro pienamente illuminato; i suoi discepoli esperti del vero Dhamma, che hanno raggiunto totalmente il sommo scopo della vita santa, che lo hanno compreso pienamente tanto da renderlo manifesto ed esporlo a tutta l’umanità, una volta morto il maestro. In questo caso, Cunda, la morte di un maestro non è una sventura per i suoi discepoli. Perché? (Essi pensano:) “Il nostro maestro è disceso per noi al mondo, un Arahant, pienamente illuminato; un Dhamma è stato ben proclamato, … da un maestro pienamente illuminato. Ma noi siamo diventati esperti del vero Dhamma, ed abbiamo raggiunto totalmente il sommo scopo della vita santa, ed esso è stato da noi compreso pienamente tanto da renderlo manifesto ed esporlo a tutta l’umanità, una volta morto il maestro. Ora il nostro maestro è morto!” In questo caso, Cunda, la morte di un maestro non è una sventura per i suoi discepoli.
Se un sistema religioso avesse questi elementi distintivi, Cunda, e cioè: non guidato da un venerabile, esperto, anziano, saggio, che abbia raggiunto la somma conoscenza, allora quel sistema con questi elementi distintivi sarebbe imperfetto. Invece se ci fosse una tale persona, allora sarebbe perfetto.
Ancora, se un sistema religioso, Cunda, avesse questi elementi distintivi, e cioè: fosse guidato da un venerabile, …, ma non ci fossero monaci anziani come discepoli, saggi ed esperti della pratica, istruiti e preparati, che abbiano raggiunto la meta suprema, capaci di divulgare la verità, che, dopo aver ben confutato altre sette con le loro rispettive dottrine, siano capaci di insegnare il Dhamma all’intera umanità, allora quel sistema sarebbe perfetto.
Inoltre, Cunda, se la vita santa avesse questi elementi distintivi, e cioè: una venerabile guida, monaci anziani esperti, ma non vi fossero discepoli di livello medio o novizi, allora la vita santa con questi elementi distintivi sarebbe imperfetta. Oppure se mancassero altri elementi distintivi, lo stesso quel sistema sarebbe imperfetto, per esempio: se fra i discepoli non vi fossero novizi, o monache anziane, o monache di livello medio, o monache novizie, oppure se non vi fossero seguaci laici, capifamiglia dalla veste bianca, venerabili, e fra costoro non vi fossero donne e persone benestanti, santi; oppure se questo sistema non fosse lodevole, prospero, diffuso e popolare, ben proclamato all’umanità intera, o se il sistema avesse tutti questi elementi distintivi ma non fosse il principale per fama e per offerte; dalla mancanza di uno di questi elementi distintivi il sistema sarebbe imperfetto.
Diversamente, avendo tutti gli elementi distintivi prima elencati il sistema sarebbe perfetto.
Io, Cunda, sono disceso al mondo come un maestro, un Arahant, un perfetto illuminato. Il Dhamma è ben proclamato, … da un maestro pienamente illuminato. I miei seguaci sono esperti del vero Dhamma, ed il sommo scopo della vita santa è stato da loro compreso tanto da renderlo manifesto ed esporlo all’umanità intera.
Ma io, Cunda, ormai sono vecchio, molte lune ho visto, molto tempo è passato da quando ho intrapreso il sentiero di pratica, l’età avanza inesorabile, e sono prossimo alla fine dei miei giorni.
Fra i miei discepoli vi sono monaci anziani, Cunda, saggi ed esperti, istruiti e preparati, che hanno raggiunto lo stato di Arahant, capaci di divulgare il vero Dhamma, di confutare le tesi dottrinali di altre sette e di esporre la verità, di insegnare il Dhamma con il suo messaggio di salvezza. Fra i miei discepoli, Cunda, vi sono monaci di medio livello, novizi, monache anziane, di medio livello e novizie, seguaci laici, sia uomini sia donne, capifamiglia dalla veste bianca, santi, persone benestanti. E la mia vita santa, Cunda, è lodevole, prospera, diffusa e popolare, ben proclamata all’umanità intera.
Fra tutti i maestri, Cunda, che oggi vi sono al mondo, io non vedo nessuno che abbia raggiunto così tanta fama e stima come me. Inoltre, Cunda, vi sono oggi altri ordini e comunità di seguaci al mondo, ma io non conosco altro ordine che abbia raggiunto così tanta fama e stima come l’Ordine dei monaci. Se qualcuno volesse descrivere una vita santa degna di lode, senza peccati e colma di rispetto, allora indicherebbe questa vita santa.
Uddaka, il figlio di Rama, Cunda, soleva dire: “Vedendo egli non vede.” E nel vedere cos’è che non vede? Di una spada ben affilata si vede la lama, ma non si vede la punta. Questo intendeva. E si riferiva ad una rozza, volgare, ignobile realtà mondana senza alcun essenza spirituale, una semplice lama. Se si volesse dire quell’espressione giustamente: “Vedendo egli non vede.”, così dovrebbe essere detta. Ciò che egli vede è una pura e benefica vita santa, piena e indispensabile, ben proclamata nella sua perfetta purezza. Ora se cercasse di renderla più pura, allora egli non la vede. Se cercasse di renderla più perfetta, allora egli non la vede, perciò ‘vedendo egli non vede.’ Perciò, Cunda, se qualcuno volesse descrivere una vita santa degna di lode, senza peccati e colma di rispetto, allora indicherebbe questa vita santa.
Quindi, Cunda, tutto il Dhamma che ho conosciuto dovrebbe essere ripetuto e recitato da tutti voi riuniti senza aver controversie con le altrui dottrine, ma confrontato passo per passo, parola per parola, così da rendere duratura e perenne questa vita santa, per il beneficio e la felicità di tutti gli esseri, umani e divini!
Quali dhamma, Cunda, da me conosciuti devono essere ripetuti e recitati da tutti voi … per il beneficio e la felicità di tutti gli esseri, umani e divini?
Essi sono: i quattro fondamenti della presenza mentale, i quattro tipi di retto sforzo, le quattro basi dei poteri, le cinque facoltà spirituali, i cinque poteri mentali, i sette fattori del risveglio, il nobile ottuplice sentiero. Questi, Cunda, sono i dhamma da me conosciuti che devono essere ripetuti e recitati da tutti voi … per il beneficio e la felicità di tutti gli esseri, umani e divini.
Così dovete esercitarvi, stando in armonia senza alcuna discordia. Se un seguace nella vita santa citasse un passo del Dhamma durante una seduta, e se credi che costui non abbia ben inteso il senso o sia in errore, non dovresti né approvarlo né confutarlo, ma dovresti dirgli: “Il significato di questo passo, amico, è sia questo sia quest’altro: qual è il più appropriato? O:—il senso di queste frasi è sia questo sia quest’altro: qual è il più appropriato?” Se afferma: “Questo significato è migliore di quest’altro”—oppure—“Il senso di questa espressione è questo e non quest’altro.”, allora le sue parole non dovrebbero essere né confutate né disprezzate, ma gli dovresti attentamente spiegargli il corretto significato e la giusta espressione.
Inoltre, Cunda, immagina che un seguace esprimesse una propria opinione su un passo del Dhamma. Se credi che questo venerabile abbia compreso in modo errato, ma si esprime correttamente, non dovresti né approvarlo né confutarlo, ma dovresti dirgli: “Il senso di queste frasi è sia questo sia quest’altro: qual è il più appropriato?” Se afferma: “Questo significato è migliore di quest’altro”, allora le sue parole non dovrebbero essere né confutate né disprezzate, ma gli dovresti attentamente spiegargli il corretto significato.
Allo stesso modo, se credi che abbia compreso il giusto significato, ma si esprime erroneamente; dovresti attentamente spiegargli la giusta espressione.
Allo stesso modo, Cunda, se ha compreso il giusto significato esprimendosi correttamente, dovresti approvarlo e congratularti con lui, dicendo: “Siamo fortunati, amico, è un beneficio per noi avere nella vita santa un compagno così sapiente ed esperto come te.”
Io non insegno, Cunda, una nuova dottrina per estirpare i veleni mentali presenti solo in questa vita. Io non insegno una dottrina per estirpare questi veleni solo nella vita futura, ma per distruggerli totalmente sia in questa vita che nella prossima.
Di conseguenza, Cunda, la veste che vi faccio indossare serve semplicemente per difendersi dal freddo, per difendersi dal caldo, per difendersi da punture di insetti, tafani e zanzare, dal vento, dal sole e da serpenti. Il cibo elemosinato, che vi ho indicato, serve soltanto per sostentare e nutrire il corpo, per aiutarvi a vivere la vita santa, così pensando: “Così eliminerò l’ultima sensazione, e non ne farò nascere altre. In questo modo vivrò sereno e distaccato.” La dimora, che vi ho indicato, vi serve semplicemente per difendervi dal freddo, dal caldo, dalle punture di insetti, come tafani … da serpenti, per lenire i pericoli di stagione e per godere la vita solitaria. Le medicine ed altre necessità, da me indicate, servono soltanto per curare le malattie e per mantenervi in salute.
Cunda, se qualche asceta errante appartenente ad altre sette vi dicesse: “Gli asceti seguaci del Sakya sono attaccati e dediti ad una vita di piacere.” A colui che così afferma, così bisogna rispondere: “A quale vita di piacere ti riferisci, amico? Ve ne sono molte.” Ci sono, Cunda, quattro modi di dedicarsi al piacere, i quali sono grossolani, volgari, mondani, ignobili e non recano alcun beneficio, né conducono al disincanto, al distacco, alla cessazione, alla pace, alla somma conoscenza, all’illuminazione, al Nibbana. Quali quattro? In primo luogo, quando uno stolto prova piacere e godimento nell’uccidere esseri viventi. In secondo luogo, quando si prova piacere e godimento nel prendere ciò che non è dato. In terzo luogo, quando si prova piacere e godimento nel dire menzogne. In quarto luogo, quando ci si inebria attraverso i piaceri sensuali. Questi, Cunda, sono i quattro modi di dedicarsi al piacere, i quali sono grossolani, … al Nibbana.
Cunda, se altri maestri vi chiedessero: “Voi, seguaci del Sakya cercate il piacere attraverso questi quattro modi?” Così dovrebbe essere loro risposto: “No. Non è così.” Affermando il contrario vi stanno calunniando ed ingiuriando con false accuse e menzogne.
Questi sono i quattro modi di ricercare il piacere, Cunda, che conducono totalmente al disincanto, al distacco, … al Nibbana. Quali quatttro? In primo luogo, quando un monaco—distaccato dalla sensualità, distaccato dalle nocive qualità mentali—entra e dimora nel primo jhana: estasi e gioia nate dal distacco, accompagnate dall’idea razionale e dal pensiero discorsivo. In secondo luogo, quando un monaco dopo l’acquietarsi dell’idea razionale e del pensiero discorsivo, entra e dimora nel secondo jhana: estasi e gioia nate dalla concentrazione, libero dall’idea razionale e dal pensiero discorsivo. In terzo luogo, quando un monaco dopo lo svanire dell’estasi dimora nell’equanimità, mentalmente presente e chiaramente consapevole, fisicamente sensibile al piacere. Entra e dimora nel terzo jhana del quale i Nobili dichiarano: ‘Felice colui che dimora nell’Equanimità.’ In quarto luogo, quando un monaco con l’abbandono del piacere e del dolore—con l’anteriore scomparsa di gioia ed angoscia—entra e dimora nel quarto jhana: purezza dell’equanimità e della presenza mentale, al di là del piacere e del dolore.
Questi quattro modi di ricercare il piacere, Cunda, conducono totalmente al disincanto, al distacco, … al Nibbana. Se altri asceti erranti di altre dottrine, Cunda, dovessero affermare: “I seguaci del Sakya ricercano il piacere mediante questi quattro modi.” Così dovrebbe essere loro risposto: “Sì!” In questo modo essi affermano il vero, e non vi stanno né calunniando né ingiuriando con false accuse e menzogne.
Cunda, se asceti erranti maestri di altre dottrine dovessero affermare: “Coloro che ricercano il piacere mediante questi quattro modi, amico, quali frutti, quali vantaggi si aspettano?” Così dovrebbe essere loro risposto: “Si aspettano quattro tipi di frutti, quattro vantaggi. Quali quattro? In primo luogo, quando un monaco con la distruzione dei tre legami realizzerà lo stato di “Colui che è entrato nella corrente”, raggiungerà la definitiva illuminazione. In secondo luogo, quando un monaco con la completa distruzione dei Tre Legami, privo di desiderio, odio ed illusione, realizzerà lo stato di “Colui che ritorna una sola volta”, rinascerà una volta ancora in questo mondo per porre fine alla sofferenza. In terzo luogo, quando un monaco con la completa distruzione dei Cinque Legami rinascerà nel mondo dei deva, e lì senza una ulteriore rinascita conseguirà il Nibbana, senza più ritornare in questo mondo. In quarto luogo, quando un monaco con la completa distruzione dei Veleni conseguirà la conoscenza e realizzerà se stesso, anche in questa vita, ottenendo la definitiva liberazione della mente e la liberazione della più alta conoscenza. Questi, amico, sono i quattro tipi di frutti, i quattro vantaggi che si aspettano coloro che ricercano il piacere mediante questi quattro modi.
Cunda, se asceti erranti maestri di altre dottrine dovessero affermare: “I seguaci del Sakya professano una dottrina inefficace.” Così dovrebbe essere loro risposto: “Il Beato, saggio e veggente, Arahant, pienamente illuminato, ha insegnato e reso manifesto ai suoi discepoli delle verità fondamentali da essere comprese durante questa esistenza. Proprio come una colonna in pietra o in ferro, con delle profonde fondamenta ben salde, solide, immobili, inamovibili, così sono quelle verità fondamentali. Ed ogni monaco raggiunto lo stato di Arahant, i cui veleni mentali sono stati distrutti, compiuto ciò che era da compiere, deposto il fardello, raggiunto la suprema meta, reciso completamente la catena delle rinascite, totalmente libero mediante la somma conoscenza, è incapace di commettere nove azioni:
- E’ incapace volontariamente di uccidere.
- E’ incapace di commettere un qualsiasi furto.
- E’ incapace di commettere atti sessuali impuri.
- E’ incapace volontariamente di mentire.
- E’ incapace di accumulare dei beni per avidità.
- E’ incapace di agire ingiustamente per attaccamento.
- E’ incapace di agire ingiustamente per odio.
- E’ incapace di agire ingiustamente per ignoranza.
- E’ incapace di agire ingiustamente per paura.
Queste nove azioni l’arahant, i cui veleni mentali sono stati distrutti, compiuto …, è incapace di commettere.
Cunda, se asceti erranti maestri di altre dottrine dovessero affermare: “Riguardo al passato l’asceta Gotama rivela una infinita conoscenza e profonda visione, ma non riguardo al futuro, ciò che sarà e come sarà.” [Se dovessero dire:] che quella conoscenza e profonda visione riguardo ad una realtà derivano dalla conoscenza e dalla profonda visione di qualcos’altro, allora quegli asceti sarebbero degli emeriti stolti. Riguardo al passato, Cunda, il Tathagata conosce le esistenze precedenti. Egli può ricordare qualsiasi esistenza precedente ogni volta che vuole. E riguardo al futuro, questa conoscenza, nata dall’illuminazione, sorge in lui: “Questa è l’ultima nascita, non ci saranno altre future esistenze.”
Se per passato, Cunda, si intende ciò che non è vero, ciò che non è reale, ciò che non procura benefici, allora il Tathagata nulla rivela. Se per passato si intende ciò che è vero, ciò che è reale, ciò che procura benefici, allora il Tathagata sa quando rivelarlo. [Lo stesso per il futuro ed il presente] Quindi, Cunda, il Tathagata è detto colui che rivela il passato, il presente ed il futuro, la realtà, i benefici, il Dhamma e la disciplina. Perciò è chiamato Tathagata.
Qualsiasi realtà, Cunda, in questo mondo con i suoi deva, Mara e Brahma, con i suoi asceti e bramani, i suoi re e genti vista, sentita, sperimentata—conosciuta, realizzata, ottenuta e mentalmente ponderata—è compresa dal Tathagata. Perciò è chiamato Tathagata.
Dalla notte in cui il Tathagata ottenne il supremo risveglio, Cunda, e la notte in cui raggiunse il completo Nibbana senza residuo, tutto ciò che proclama, dichiara o spiega è così e non diversamente. Perciò è chiamato Tathagata. E di questo mondo, con i suoi deva, …, il Tathagata è l’invincibile conquistatore, il veggente ed il sovrano assoluto. Perciò è chiamato Tathagata.
Cunda, se asceti erranti maestri di altre dottrine dovessero affermare: “Il Tathagata esiste dopo la morte? E’ vero o non è vero?” Così dovrebbe essere loro risposto: “Ciò non è stato dal Tathagata.” O dovessero dire: “Il Tathagata esiste dopo la morte? … Non esiste dopo la morte? … Esiste e non esiste dopo la morte? … Né esiste né non esiste dopo la morte?” Così dovrebbe essere loro risposto: “Ciò non è stato dal Tathagata.”
Cunda, se costoro dovessero chiedere: “Ma, amico, perché ciò non è stato rivelato dall’asceta Gotama?” Così dovrebbe essere loro risposto: “Perché non conduce a nessun beneficio, al vero Dhamma, alla vita santa, o al disincanto, al distacco, alla cessazione, alla conoscenza, all’illuminazione, al Nibbana. Perciò non è stato rivelato dal Sublime.”
Cunda, se costoro dovessero chiedere: “Ma, amico, cosa è stato rivelato dall’asceta Gotama?” Così dovrebbe essere loro risposto: “Questa è la sofferenza … questa è l’origine della sofferenza … questa è la cessazione della sofferenza … questo è il sentiero di pratica che conduce alla cessazione della sofferenza. Questo è stato rivelato dal Sublime.”
Cunda, se costoro dovessero chiedere: “Perché solo questo è stato rivelato dall’asceta Gotama?” Così dovrebbe essere loro risposto: “Perché questo procura dei benefici, conduce al vero Dhamma, alla vita santa, … al Nibbana. Perciò solo questo ha rivelato il Sublime.”
Quei dogmi riguardanti l’origine dei fenomeni, Cunda, che vi ho rivelato come devono essere rivelati, li potrei mai rivelare come non dovrebbero essere rivelati? E quei dogmi riguardanti la cessazione o l’origine dei fenomeni, che vi ho rivelato come devono essere rivelati, li potrei mai rivelare come non dovrebbero essere rivelati?
Vi sono, Cunda, alcuni asceti e bramani che credono e professano, affermando che solo loro sono i custodi della verità:
“L’anima ed il cosmo sono eterni … L’anima ed il cosmo non sono eterni … L’anima ed il cosmo sono sia eterni sia non eterni … L’anima ed il cosmo non sono né eterni né non eterni … L’anima ed il cosmo si sono creati da soli … L’anima ed il cosmo sono stati creati … L’anima ed il cosmo sono stati sia creati sia si sono creati da soli … L’anima ed il cosmo sono stati creati dal caso … Inoltre credono e professano le stesse riguardo al dolore e al piacere.”
Ora, Cunda, se andassi da quegli asceti e bramani, che credono e professano quei dogmi e dicessi: “E’ così amici?” E se rispondessero: “Sì!Questa è l’unica verità!” Io non capirei le loro tesi. Perché? Perché le persone hanno diverse opinioni su questi quesiti. Né considero tali teorie eguali alla mia, né superiori. In merito a questa eccelsa dottrina io sono a loro superiore.
Lo stesso affermo su ognuna di queste teorie appena menzionate. Riguardo tutti questi dogmi sull’origine dei fenomeni, vi ho rivelato ciò che deve essere rivelato; quindi perché rivelarvi quello che non deve essere rivelato?
E quali sono, Cunda, quei dogmi riguardanti le realtà esistenti dopo la morte, che devono essere rivelati e quelli che non devono essere rivelati?
Ci sono, Cunda, asceti e bramani che credono e professano queste teorie, affermando che solo loro sono i custodi della verità:
“L’anima dopo la morte è una forma visibile esente da malanni …”
“… è invisibile …”
“… è né visibile né invisibile …”
“… è consapevole …”
“… è inconsapevole …”
“… è sia consapevole sia inconsapevole …”
“… è né consapevole né inconsapevole …”
“L’anima è annientata, distrutta, non esiste dopo la morte.”
Lo stesso affermo su ognuna di queste teorie appena menzionate. Riguardo tutti questi dogmi sulla cessazione dei fenomeni, vi ho rivelato ciò che deve essere rivelato; quindi perché rivelarvi quello che non deve essere rivelato?
Al fine di cancellare tutti questi dogmi e teorie sull’origine e sulla cessazione dei fenomeni ed altro, io ho insegnato ed enunciato i Quattro Fondamenti della presenza mentale. Quali quattro? Ecco, un monaco si dedica alla contemplazione del corpo sul corpo … delle sensazioni sulle sensazioni … della mente sulla mente … degli oggetti mentali sugli oggetti mentali. (vedi ). Questo ho insegnato ed enunciato al fine di cancellare tutti questi dogmi e teorie sull’origine e sulla cessazione dei fenomeni.
Ora in quella occasione il Ven. Upavana era vicino al Sublime per ventilarlo. Quindi disse al Sublime: “Meraviglioso, Signore, meraviglioso è questo insegnamento sul Dhamma! Signore, come è chiamato questo discorso?”
“Upavana puoi ricordarlo come “L’affascinante sermone”.
Così parlò il Sublime, e il Ven. Upavana si rallegrò e si deliziò con le sue parole. Qui termina il Pasadika Sutta.