Dīgha Nikāya

Potthapada Sutta

9. Potthapada

Così ho udito. Un tempo il Beato soggiornava a Savatthi nel Boschetto di Jeta, nel parco di Anathapindika. Ora in quel tempo Potthapada l’asceta errante, insieme con un grande seguito di quasi 300 erranti aveva preso dimora nella sala vicino all’albero di Tinduka nel parco della Regina Mallika.

Quindi il Beato, di mattina presto, prendendo mantello e scodella, entrò a Savatthi per la questua. Quindi pensò: “E’ troppo presto per andare a Savatthi per la questua, perciò mi recherò nella sala vicino all’albero di Tinduka nel parco della Regina Mallika per incontrare Potthapada l’asceta errante.” Così si recò nella sala vicino all’albero di Tinduka nel parco della Regina Mallika.

Ora in quell’occasione Potthapada l’asceta errante era seduto col suo grande seguito di erranti, discutendo di vari argomenti come: di re, ladri, ministri di stato; eserciti e battaglie; cibo e bevande; vestiti, mobili, ghirlande e profumi; parenti; veicoli; villaggi, paesi, città, regioni; donne e eroi; pettegolezzi; morti; teorie diverse [discussioni filosofiche sul passato e sul futuro], della creazione del mondo e del mare e a chiedersi se le cose esistono o non esistono.

Quindi Potthapada l’asceta errante notando l’arrivo del Beato fece tacere i suoi seguaci: “Signori restate quieti. Non fate rumore. Sta venendo l’asceta Gotama. Gli piace la quiete e parla in encomio della quiete. Forse, se lui nota il nostro gruppo così quieto, lo considererà con valore. Perciò gli asceti erranti rimasero silenziosi.

Quindi il Beato giunse da Potthapada, e costui gli disse: “Benvenuto, Beato. E’ da molto tempo che il Beato non veniva a farci visita. Si segga. Questo posto è stato preparato.”

Quindi il Beato si sedette sul posto preparato. Potthapada, si sedette accanto. Appena seduti, il Beato gli disse: “Qual era l’argomento della vostra conversazione? Quale argomento di conversazione ho interrotto?”

Detto questo, Potthapada rispose: “Non badi, signore, all’argomento di conversazione. Da parecchi giorni una discussione sorge fra diverse sette di brahmana ed asceti, riguardo all’assoluta estinzione della percezione: ‘Come avviene l’assoluta estinzione della percezione?’ Riguardo a ciò, alcuni hanno affermato: ‘La percezione di una persona sorge e si estingue senza una causa, senza una ragione. Quando sorge, si è percepente.

Quando si estingue, non si è percepente.’ Così una setta spiega l’assoluta estinzione della percezione.

“Altri invece affermano: ‘No, non è così. La percezione è un sé della persona che va e viene. Quando viene, si è percepente. Quando va, non si è percepente.’ Così una setta spiega l’assoluta estinzione della percezione.

“Altri ancora hanno affermato: ‘No, non è così, perché ci sono brahmana ed asceti dotati di grande potere, di grande potenza. Costoro, la percezione, la estraggono e la immettono in una persona. Quando la immettono, si è percepente. Quando la estraggono, non si è percepente.’ Così una setta spiega l’assoluta estinzione della percezione.

“Alcuni invece affermano: ‘No, non è così, perché esistono deva dotati di grande potere, di grande potenza. Costoro, la percezione, la estraggono e la immettono in una persona. Quando la immettono, si è percepente. Quando la estraggono, non si è percepente.’ Così una setta spiega l’assoluta estinzione della percezione.

“Poi mi ricordai della saggezza del Beato: ‘Ah, il Beato! Ah, il Sugata—colui che certamente possiede una grande saggezza su questi argomenti.’ Il Beato è saggio ed esperto riguardo all’assoluta estinzione della percezione. Quindi cos’è, signore, l’assoluta estinzione della percezione?”

“Potthapada, quei brahmana ed asceti che affermano che la percezione di una persona sorge e si estingue senza una causa, senza una ragione, sbagliano fin dall’inizio. Perché? Perché la percezione di una persona sorge e si estingue con una causa, con una ragione. Con la pratica meditativa, una percezione sorge, e con la pratica meditativa un’altra percezione si estingue. E qual è quella pratica meditativa? ‘

In questo caso un Tathagata appare nel mondo, un Perfettamente e Completamente Risvegliato … [come in Digha Nikaya 2]

“Così un monaco è virtuoso…

“Vedendo che questi cinque ostacoli, esistenti in lui, sono abbandonati, ne è contento. Contento, ne è estasiato. Estasiato, il suo corpo si tranquillizza. Con il corpo tranquillo, è sensibile al piacere. Provando del piacere, la sua mente si concentra.

“Completamente privo di sensualità, privo di qualità mentali nocive, il monaco entra e dimora nel primo assorbimento meditativo (jhāna): nato dal distacco, accompagnato dal pensiero distraente e dalla focalizzazione iniziale, pieno di gioia e di piacere. La sua prima percezione della sensualità si estingue, e subito dopo sorge una percezione di pura estasi e piacere nata dal distacco. E così con la pratica meditativa una percezione sorge e con pratica meditativa un’altra percezione si estingue.

“Inoltre, avendo calmato sia il pensiero distraente sia la focalizzazione iniziale, raggiunta la serenità interiore, il monaco entra e dimora nel secondo assorbimento meditativo: nato dalla calma e dalla piena concentrazione privo del pensiero distraente e della focalizzazione iniziale, pieno d’estasi e di piacere.

L’ultima percezione di pura estasi e piacere nata dal distacco si estingue, e subito dopo sorge una percezione di pura estasi e piacere nata dalla concentrazione. E così con la pratica meditativa una percezione sorge e con la pratica meditativa un’altra percezione si estingue.

“Inoltre, con il venir meno dell’estasi, egli rimane equanime, mentalmente presente e consapevole, e fisicamente sensibile al piacere. Egli entra e dimora nel terzo assorbimento meditativo di cui i Nobili dichiarano: ‘Equanime e consapevole, egli dimora nel piacere.’ L’ultima percezione di pura estasi e piacere nata dalla concentrazione si estingue, e subito dopo sorge una percezione di pura equanimità.

E così con la pratica meditativa una percezione sorge e con la pratica meditativa un’altra percezione si estingue.

“Inoltre, dopo aver abbandonato il piacere e il dolore—con la precedente scomparsa della gioia e del dolore– egli entra e dimora nel quarto assorbimento meditativo: purezza dell’equanimità e della presenza mentale, né piacere né dolore. L’ultima percezione di pura equanimità si estingue, e subito dopo una percezione di né piacere né dolore. E così con la pratica meditativa una percezione sorge e con la pratica meditativa un’altra percezione si estingue.

“Inoltre, con l’abbandono del mondo della forma, della materia e della molteplicità, il monaco entra e dimora nella sfera dell’infinità dello spazio. L’ultima percezione di né piacere né dolore si estingue, e subito dopo sorge una percezione della sfera dell’infinità dello spazio. E così con la pratica meditativa una percezione sorge e con la pratica meditativa un’altra percezione si estingue.

“Poi, con una completa trascendenza della sfera dell’infinità dello spazio, il monaco entra e dimora nella sfera dell’infinità della coscienza. L’ultima percezione della sfera dell’infinità dello spazio si estingue, e subito dopo sorge una percezione della sfera dell’infinità della coscienza. E così con la pratica meditativa una percezione sorge e con la pratica meditativa un’altra percezione si estingue.

Quindi un monaco, con una completa trascendenza della dimensione dell’infinità della coscienza, entra e dimora nella sfera della vacuità. L’ultima percezione della sfera dell’infinità della coscienza si estingue, e subito dopo sorge una percezione della sfera della vacuità. E così con la pratica meditativa una percezione sorge e con la pratica meditativa un’altra percezione si estingue. [Il tema non include la dimensione di né percezione né non-percezione, perché la dimensione del nulla è la più alta percezione.]

Ora, quando il monaco è percepente di sé in questo mondo, attraversando le diverse sfere tramite gli assorbimenti meditativi, tocca l’apice della percezione. Come dimora all’apice della percezione, riflette: ‘Il pensare è per me un male. Il non pensare è per me un bene. Se penso e desidero, questa mia percezione si estingue, e sorgerebbe una percezione più ordinaria. E se non penso e non desidero?[Si veda ] ‘Così egli né pensa né desidera, e appena egli non pensa e non desidera, quella percezione si estingue e né sorge un’altra percezione più ordinario. Egli assapora l’estinzione. Così, Potthapada, si ottiene, passo dopo passo, l’assoluta estinzione della percezione.

“Ora cosa pensi, Potthapada—avevi mai sentito come si ottiene l’assoluta estinzione della percezione?”

“No, signore. Solo adesso comprendo il Dhamma proclamato dal Beato: “Quando il monaco è percepente di sé in questo mondo, attraversando le diverse sfere tramite gli assorbimenti meditativi, tocca l’apice della percezione. Come dimora all’apice della percezione, riflette: ‘Il pensare è per me un male. Il non pensare è per me un bene. Se penso e desidero, questa mia percezione si estingue, e sorgerebbe una percezione più ordinario. E se non penso e non desidero? ‘Così egli né pensa né desidera, e appena egli non pensa e non desidera, quella percezione si estingue e nè sorge un’altra percezione più ordinario. Egli assapora l’estinzione. Così si ottiene, passo dopo passo, l’assoluta estinzione della percezione.”

“Giusto, Potthapada.”

Ma, signore, il Beato descrive un solo apice della percezione o molti?”

“Potthapada, io descrivo sia un apice sia molti apici della percezione.”

“E come il Beato descrive un apice e molti apici della percezione?”

“In qualunque modo si assapori l’estinzione, Potthapada, così io descrivo l’apice e molti apici della percezione.”

“Ora, signore, sorge prima la percezione e dopo la conoscenza, o sorge prima la conoscenza e dopo la percezione o sorgono simultaneamente?”

“Potthapada, sorge prima la percezione e poi la conoscenza. Il sorgere della conoscenza [Ciò differisce anche da persona a persona] deriva dal sorgere della percezione. Così si comprende: ‘E’ a causa di ciò [Questo: riferito al livello di jhana che caratterizza la conoscenza della cessazione] che la mia conoscenza è sorta.’ Attraverso quest’operazione mentale si può comprendere come sorge prima la percezione e dopo la conoscenza, e come il sorgere della conoscenza derivi dal sorgere della percezione.”

“Ora, signore, la percezione è il sé di una persona o la percezione è una cosa e il sé un’altra?”

“Che sé postuli, Potthapada?”

“Postulo un sé ordinario, posseduto di forma, composto dai quattro grandi elementi [terra, acqua, fuoco, e aria], che si nutre con il cibo fisico.”

“Allora, Potthapada, il tuo sé sarebbe ordinario, posseduto di forma, composto dai quattro grandi elementi, che si nutre con il cibo fisico.

In questo caso la percezione sarebbe una cosa e il sé un’altra. Attraverso quest’operazione mentale si può comprendere come la percezione sia una cosa e il sé un’altra: perché vi è questo sé ordinario—posseduto di forma, composto dai quattro grandi elementi [terra, acqua, fuoco, e aria], che si nutre con cibo fisico—quindi una percezione sorge e un’altra scompare per quella persona. Attraverso quest’operazione mentale si può comprendere come la percezione sia una cosa e il sé un’altra.”

“Inoltre, signore, io postulo un sé fatto di mente completo in tutte le sue parti, nel pieno delle sue facoltà.”

“Allora, Potthapada, il tuo sé sarebbe fatto di mente completo in tutte le sue parti, nel pieno delle sue facoltà. Anche in questo caso la percezione è una cosa e il sé un’altra.”

“Poi, signore, io postulo un sé privo di forma fatto di percezione.”

“Allora, Potthapada, il tuo sé sarebbe privo di forma fatto di percezione. Anche in questo caso la percezione è una cosa e il sé un’altra.”

“Posso sapere, signore se la percezione è un sé di una persona o se la percezione è una cosa e il sé un’altra?”

“Potthapada—nel seguire altre teorie, altre pratiche, altre dottrine, altre mete, altri maestri—è difficile per te sapere se la percezione sia un sé di una persona o se la percezione sia una cosa e il sé un’altra.”

“Allora, signore, se—seguendo altre teorie, altre pratiche, altre dottrine, altre mete, altri maestri—è difficile per me sapere se la percezione sia un sé di una persona o se la percezione sia una cosa e il sé un’altra, allora in questo caso il cosmo è eterno, e questa è l’unica verità certa?”

“Potthapada, io non ho spiegato che il cosmo è eterno, e che ciò sia l’unica verità certa.”

“Allora in questo caso il cosmo non è eterno, e questa è l’unica verità certa?”

“Potthapada, io non ho spiegato che il cosmo non è eterno, e che ciò sia l’unica verità certa.” “Allora in questo caso il cosmo ha fine… il cosmo è infinito… l’anima e il corpo sono la stessa cosa … l’anima ed il corpo sono due cose diverse … dopo la morte un Tathagata esiste… dopo la morte un Tathagata non esiste… dopo la morte un Tathagata esiste e non esiste… dopo la morte un Tathagata né esiste né non esiste, e questa è l’unica verità certa?”

“Potthapada, io non ho spiegato che dopo la morte un Tathagata né esiste né non esiste, e che ciò sia l’unica verità certa.”

“Ma perché il Beato non ha spiegato queste cose?”

“Perché esse non conducono alla meta, non conducono al Dhamma, non sono utili alla vita santa. Esse non conducono al disincanto, ad abbandonare il desiderio, all’estinzione, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al Nibbana. Ecco perché io non li ho esposti.”

“E cosa ha esposto il Beato?”

“Io ho spiegato: ‘Questo è il dolore’… ‘Questa è l’origine del dolore’… ‘Questa è la cessazione del dolore’… ‘Questo è il sentiero di pratica che conduce alla cessazione del dolore.’

“E perché il Beato ha spiegato queste cose?”

“Perché conducono alla meta, conducono al Dhamma, e sono utili alla vita santa. Esse conducono al disincanto, ad abbandonare il desiderio, all’estinzione, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al Nibbana. Ecco perché io li ho esposti.”

“Così è, Beato. Così è, O Sugata. Bene ora, è tempo di andare per il Beato.”

Quindi il Beato si alzò dal suo posto e andò via.

Poco dopo che il Beato era andato via, gli asceti erranti, derisero Potthapada l’asceta errante con parole ingiuriose: “Così, tutto ciò che dice l’asceta Gotama, il signor Potthapada gioisce ad ogni sua parola: ‘Così è, Sublime. Così è, O Sugata. ‘Ma noi non comprendiamo gli insegnamenti dell’asceta Gotama.”

Detto questo, Potthapada l’asceta errante rispose ai suoi compagni: “Anche io non comprendo gli insegnamenti dell’asceta Gotama. Ma egli descrive una pratica genuina, autentica e precisa, basata sul Dhamma e conforme al Dhamma. E quando una pratica genuina, autentica e precisa, basata sul Dhamma e conforme al Dhamma è spiegata, perché una persona saggia come me non dovrebbe gioire nell’ascoltare le parole ben dette dall’asceta Gotama?”

Quindi due o tre giorni dopo, Citta, il figlio dell’istruttore di elefanti e Potthapada l’asceta errante si recarono dal Beato. Appena giunti, Citta si prostrò innanzi al Beato e si sedette accanto, mentre Potthapada l’asceta errante lo salutò cortesemente. Dopo uno scambio di amichevoli saluti e cortesie, si sedette accanto. Appena seduto disse al Beato: “L’altro giorno, poco dopo che il Beato era andato via, gli asceti erranti, con parole ingiuriose mi derisero: “Così, tutto ciò che dice l’asceta Gotama, il signor Potthapada gioisce ad ogni sua parola: ‘Così è, Sublime. Così è, O Sugata. ‘Ma noi non comprendiamo gli insegnamenti dell’asceta Gotama.”

Detto questo così risposi: “Anche io non comprendo gli insegnamenti dell’asceta Gotama. Ma egli descrive una pratica genuina, autentica e precisa, basata sul Dhamma e conforme al Dhamma. E quando una pratica genuina, autentica e precisa, basata sul Dhamma e conforme al Dhamma è spiegata, perché una persona saggia come me non dovrebbe gioire nell’ascoltare le parole ben dette dall’asceta Gotama?”

[Il Buddha:] “Potthapada, tutti quegli asceti erranti sono ciechi e non hanno occhi. Tu sei l’unico che ha occhi fra di loro. Io ho insegnato e proclamato degli insegnamenti definiti, e degli insegnamenti indefiniti. E quali sono gli insegnamenti indefiniti che ho insegnato e ho dichiarato? [L’asserzione che] ‘Il cosmo è eterno’ ho insegnato e proclamato come un insegnamento indefinito. [L’asserzione che] ‘Il cosmo non è eterno’… ‘Il cosmo ha una fine… ‘Il cosmo è infinito’… ‘L’anima e il corpo sono la stessa cosa’… ‘L’anima ed il corpo sono due cose diverse… ‘Dopo la morte un Tathagata esiste’… ‘Dopo la morte un Tathagata non esiste’… ‘Dopo la morte un Tathagata esiste e non esiste’… ‘Dopo la morte un Tathagata né esiste né non esiste’ ho insegnato e proclamato come un insegnamento indefinito. E perché ho insegnato e proclamato questi insegnamenti indefiniti? Perché essi non conducono alla meta, non conducono al Dhamma, non sono utili alla vita santa. Essi non conducono al disincanto, ad abbandonare il desiderio, all’estinzione, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al Nibbana. Ecco perché li ho insegnati e proclamati come indefiniti.

“E quali sono gli insegnamenti definiti che ho insegnato e proclamato? [L’asserzione che] ‘Questo è il dolore’, io insegnato e proclamato come un insegnamento definito. [L’asserzione che] ‘Questa è la l’origine del dolore’… ‘Questa è la cessazione del dolore’… ‘Questo è il sentiero di pratica che conduce alla cessazione del dolore’ ho insegnato e proclamato come un insegnamento definito. E perché ho insegnato e proclamato questi insegnamenti come definiti? Perché conducono alla meta, conducono al Dhamma, e sono utili alla vita santa. Essi conducono al disincanto, ad abbandonare il desiderio, all’estinzione, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al Nibbana. Ecco perché li ho insegnati e proclamati come definiti.

Alcuni brahmana ed asceti credono in questa dottrina: ‘Dopo la morte, il sé è completamente felice e libero da ogni sofferenza.’ Li incontrai e chiesi loro: ‘Se questo è vero, allora avete mai conosciuto o visto un mondo completamente felice e libero da ogni sofferenza? ‘

‘No’.

‘Siete mai stati consapevoli di un sé completamente felice per un giorno o una notte? ‘

‘No’.

‘Ma conoscete che: “Questo è il sentiero, questa è la pratica per raggiungere un mondo completamente felice"? ‘

‘No’.

‘Avete mai sentito dei deva rinati in un mondo completamente felice dire: “E’ giusta la tua pratica, mio caro. E’ retta la tua pratica, mio caro, per raggiungere un mondo completamente felice perché attraverso tale pratica che noi siamo rinati in un mondo completamente felice"? ‘

‘No’.

“Quindi cosa pensi, Potthapada— sono convincenti le parole di quei brahmana ed asceti?”

“No, signore. Le parole di quei brahmana ed asceti sono poco convincenti.”

“Potthapada, è come se un uomo dicesse: ‘Sono innamorato della donna più bella di questa regione, e gli altri gli chiedessero: ‘Bene, buon uomo, sei innamorato della donna più bella della regione: sai se lei è della casta dei guerrieri, della casta sacerdotale, della casta dei mercanti, o della casta dei manovali? ‘e lui risponderebbe: ‘No’.

‘Allora conosci il suo nome o il nome della sua famiglia? Se è alta, bassa, o di altezza media? Se ha i capelli bruni, biondi o rossi? Sai qual è il suo villaggio o la sua città?’ E lui risponderebbe: ‘No’.

Allora non hai conosciuto o visto la donna di cui sei innamorato? ‘E se gli chiedessero questo, lui direbbe: ‘Sì.’

“Quindi cosa pensi, Potthapada—le parole di quell’uomo sono poco convincenti?”

“Sì, signore…”

“Così sono alcuni brahmana ed asceti che credono in questa dottrina.

“Potthapada, è come se un uomo dovesse costruire una scala per un palazzo ad un crocevia, ed altre persone gli chiedessero: ‘Bene, buon uomo, questo palazzo per cui stai costruendo una scala: sai se si trova ad est, ad ovest, a nord o a sud da questo punto? Se è alto, basso o medio?’ E lui risponderebbe: ‘No’ Allora gli altri direbbero: ‘Così non conosci il palazzo per cui devi costruire una scala?’ E di nuovo lui direbbe di no.

“Quindi cosa pensi, Potthapada—le parole di quell’uomo sono poco convincenti?”

“Sì, signore…”

“Così sono alcuni brahmana ed asceti che credono in questa dottrina.

“Potthapada, ci sono queste tre idee di un sé [Riferito all’acquisizione di un’identità individuale]: l’idea di un sé ordinario, l’idea di un sé mentale e l’idea di un sé privo di forma. Qual è l’idea di un sé ordinario? Dotato di forma, composto dai quattro grandi elementi.

Io insegno il Dhamma per far abbandonare l’idea di un sé ordinario, così che, quando lo si pratica, le qualità mentali nocive saranno abbandonate e le qualità mentali pure aumenteranno, e tu entrerai e dimorerai nella perfetta saggezza, avendola realizzata in questa stessa esistenza … Quando queste qualità mentali nocive saranno abbandonate e quelle pure saranno aumentate, e si entra e si dimora nella perfetta saggezza, avendola realizzata in questa stessa esistenza …vi sarà gioia, estasi, serenità, presenza mentale, vigilanza e una costante felicità.

Io insegno anche il Dhamma per far abbandonare l’idea di un sé mentale …l’idea di un sé privo di forma così che, quando lo si pratica, le qualità mentali nocive saranno abbandonate e le qualità mentali pure aumenteranno, e tu entrerai e dimorerai nella perfetta saggezza, avendola realizzata in questa stessa esistenza … Quando queste qualità mentali nocive saranno abbandonate e quelle pure saranno aumentate, e si entra e si dimora nella perfetta saggezza, avendola realizzata in questa stessa esistenza …vi sarà gioia, estasi, serenità, presenza mentale, vigilanza e una costante felicità.

“Cosa pensi, Potthapada. Queste parole risultano convincenti?

“Sì, signore. Queste parole risultano convincenti.”

ripetizioni

Detto questo, Citta, il figlio dell’istruttore di elefanti disse al Beato: “Quando vi è un’idea di un sé ordinario, allora l’idea di un sé mentale e l’idea di un sé privo di forma sono nulle e vuote, e l’idea di un sé ordinario è vera? E quando vi è l’idea di un sé mentale, allora l’idea di un sé ordinario e l’idea di un sé privo di forma sono nulle e vuote, e soltanto l’idea di un sé mentale è vera? E quando vi è l’idea di un sé privo di forma, allora l’idea di un sé ordinario e l’idea di un sé mentale sono nulle e vuote, e soltanto l’idea di un sé privo di forma è vera?”

“Citta, quando vi è l’idea di un sé ordinario, non è classificata né come un’idea di un sé mentale nè come un’idea di un sé privo di forma. è classificata solo come un’idea di un sé ordinario. Quando vi è un’idea di un sé mentale, non è classificata né come un’idea di un sé ordinario né come un’idea di un sé privo di forma. è classificata solo come un’idea di un sé mentale. Quando vi è un’idea di un sé privo di forma, non è classificata né come un’idea di un sé ordinario nè come un’idea di un sé mentale. è classificata solo come un’idea di un sé privo di forma.

“Se ti chiedessero: ‘Esistevi nel passato? Esistevi o non esistevi? Esisterai nel futuro? Esisterai o non esisterai? Esisti ora? Esisti o non esisti? ‘Come risponderesti?”

“… Signore, io risponderei: ‘Io esistevo e non esistevo nel passato. Io esisterò e non esisterò nel futuro. Io ora esisto e non esisto.’… Così risponderei.”

“Se ti chiedessero: ‘Qualsiasi idea passata di un sé: è l’unica vera idea di un sé mentre quelle del futuro e del presente sono nulle e vuote? Qualsiasi idea futura di un sé: è l’unica vera idea di un sé, mentre quelle del passato e del futuro sono nulle e vuote? Qualsiasi idea presente di un sé: è l’unica vera idea di un sé, mentre quelle del passato e del futuro sono nulle e vuote? ‘Come risponderesti?”

“… Signore, io risponderei: ‘Qualsiasi mia idea passata di un sé: in quel tempo era la mia unica vera idea di un sé mentre quelle del futuro e del presente erano nulle e vuote. Qualsiasi idea futura di un sé: in quel tempo sarà l’unica vera idea di un sé, mentre quelle del passato e del futuro saranno nulle e vuote. Qualsiasi idea presente di un sé: è l’unica vera idea di un sé, mentre quelle del passato e del futuro sono nulle e vuote.”

“Allo stesso modo, Citta, quando vi è l’idea di un sé ordinario …

Quando il latte proviene da una mucca, il caglio dal latte, il burro dal caglio, il ghee dal burro. Quando c’è il latte, esso non è classificato come caglio, burro o ghee. è classificato solo come latte. Così il caglio, il burro, il ghee sono classificati per ciò che sono.

Allo stesso modo, quando vi è un’idea di un sé ordinario … Citta, queste sono le designazioni del mondo, le espressioni del mondo, le affermazioni del mondo, le descrizioni del mondo con le quali il Tathagata si esprime privo di attaccamento. “[In quanto il Buddha usa un linguaggio comune ed uno più elevato, come nell’Abhidhamma.]

Quando questo fu detto, Potthapada l’asceta errante disse al Beato:” “Magnifico, Maestro Gotama! Straordinario! Proprio come se si rivoltasse ciò che era capovolto, rivelare ciò che era nascosto, mostrare la via a chi si era smarrito, o recare una luce nell’oscurità in modo che chi ha occhi possa vedere le forme, allo stesso modo il Maestro Gotama—con vari metodi—ha reso chiaro il Dhamma. Io prendo rifugio nel Maestro Gotama, nel Dhamma, e nella comunità dei monaci. Possa il maestro Gotama accettarmi come seguace laico che ha preso in lui rifugio, da questo giorno e per tutta la vita.”

Quindi Citta il figlio dell’istruttore di elefanti disse al Beato: “Magnifico, Maestro Gotama! Straordinario! Proprio come se si rivoltasse ciò che era capovolto, rivelare ciò che era nascosto, mostrare la via a chi si era smarrito, o recare una luce nell’oscurità in modo che chi ha occhi possa vedere le forme, allo stesso modo il Maestro Gotama—con vari metodi—ha reso chiaro il Dhamma. Io prendo rifugio nel Maestro Gotama, nel Dhamma, e nella comunità dei monaci. Possa il maestro Gotama accettarmi come seguace laico che ha preso in lui rifugio, da questo giorno e per tutta la vita. Possa io ottenere l’abbandono della vita mondana alla presenza del Maestro Gotama, e l’ordinazione come monaco.”

Allora Citta il figlio dell’istruttore di elefanti abbandonò la vita mondana alla presenza del Beato, ed ottenne l’ordinazione come monaco. Non molto tempo dopo la sua ordinazione—dimorando solitario, appartato, vigile, attento e risoluto—raggiunse la suprema meta della santa vita, ciò per cui giovani di buona famiglia abbandonano la vita mondana per intraprendere la via della vita ascetica. Ottenne la perfetta conoscenza: “La nascita è distrutta, la vita santa vissuta, lo scopo raggiunto. Non rimane altro da compiere in questo mondo.”

E così il Citta il figlio dell’istruttore di elefanti divenne uno degli Arahant.