Majjhima Nikāya 17

Vanapattha Sutta

Solitudine silvestre

Questo ho sentito. Una volta il Sublime soggiornava presso Savatthī, nella Selva del Vincitore, nel giardino di Anāthapindiko. Là il Sublime si rivolse ai monaci: “Vi voglio spiegare le specie della solitudine silvestre; fate attenzione. Un monaco vive in una solitudine silvestre e lì, ancora privo del sapere, non lo acquista, l’animo distratto non si raccoglie, l’inesausta mania non si estingue, egli non raggiunge l’ incomparabile sicurezza che ancora non possiede, e ciò di cui un asceta si serve per vivere: vesti, nutrimento, giaciglio e medicine per le malattie; stenta a trovarlo. Un monaco deve rendersene conto, deve subito, sia giorno o notte, lasciare quella solitudine, non rimanere.

Un altro monaco vive in un’altra solitudine e non acquista il sapere di cui è privo, non trova il raccoglimento dell’animo distratto, non gli si ,estingue l’inesausta mania, non raggiunge l’incomparabile sicurezza che cerca, ma ciò di cui un asceta si serve per vivere: vesti, nutrimento, giaciglio, e medicine per curarsi; ne ha in abbondanza. Ed egli riflette:

‘Io non ho lasciato la casa per l’eremo in cerca di vesti, non per il giaciglio, né per le medicine. Eppure, mentre vivo qui in solitudine, non raggiungo il sapere, l’animo distratto non si raccoglie, l’inesausta mania non si estingue e non raggiungo l’incomparabile sicurezza’. Anche questo monaco deve, dopo un po’, lasciare questa solitudine, non rimanere.

Un terzo monaco vive solitario nelle selve, ma acquista il sapere che gli mancava, riesce a raccogliere l’animo distratto, estingue l’inesausta mania, raggiunge l’incomparabile sicurezza, ma ciò che serve a un asceta per vivere: vesti, nutrimento, giaciglio e medicine; gli perviene in modo stentato. Questo monaco, rendendosi conto di tutto ciò, deve rimanere in questa solitudine per qualche tempo, non andar via.

Un altro monaco vive nella stessa situazione di solitudine già detta, acquista sapere, raccoglie l’animo, estingue la mania, raggiunge la ,sicurezza e riesce a procurarsi quanto gli serve di vesti, nutrimento, giaciglio e medicine. Egli allora deve rimanere tutta la vita in tale solitudine, non andare via.

Un monaco, invece, vive nei dintorni d’un villaggio, o di una città, o di una residenza, in compagnia di qualcuno, e si rende conto che non acquista sapere, non si raccoglie, non estingue la mania, non raggiunge la sicurezza, e ciò che serve a un asceta per vivere lo trova a stento; deve rendersene conto e deve, di giorno o di notte, senza neppure accomiatarsi da colui col quale vive, lasciarlo e andarsene, non rimanere.

Un monaco vive in compagnia di un’altra persona, e s’accorge che non acquista sapere, non si raccoglie, non estingue la mania, non raggiunge la sicurezza, e ciò che serve a un asceta per vivere lo trova in abbondanza, deve rendersene conto, deve allontanarsi da quella persona, e, senza accomiatarsi, deve andarsene, non rimanere.

Un monaco vive in compagnia di qualche persona e si accorge che acquista sapere, si raccoglie, estingue la mania, raggiunge la sicurezza, e ciò che serve a un asceta per vivere lo trova a stento, deve rendersene conto e deve rimanere per un po’ accanto a quella persone, non andare via.

Un monaco che vive anche lui in compagnia di un’altra persona e si accorge che acquista sapere, si raccoglie, estingue la mania, raggiunge la sicurezza, e ciò che serve a un asceta per vivere lo trova in abbondanza, deve rimanere per tutta la vita con quella persona, non deve andar via, se non è mandato via.”

Così parlò il Sublime. Contenti si rallegrarono quei monaci per le sue parole.