Majjhima Nikāya 20

Vitakkasanthāna Sutta

Il rilassamento dei pensieri

Questo ho sentito. Una volta il Sublime soggiornava presso Sāvatthī, nella Selva del Vincitore, nel giardino di Anāthapindiko. Là il Signore si rivolse agli uomini:

“Chi tende all’alto, monaci, deve di tempo in tempo tenere presenti cinque specie di idee. Se un monaco concepisce o si raffigura un’idea, e facendo ciò sorgono in lui deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione e di accecamento, allora il monaco deve passare a un’altra idea, a una immagine degna. Così facendo si disperdono, si dissolvono le deliberazioni nocive e indegne, le immagini di brama, di avversione e di accecamento; cosicché l’intimo cuore si rinsalda, si calma, diviene unito e forte. Così come un abile muratore o garzone muratore con un cuneo sottile può estrarre e espellerne uno grosso, così un monaco con un’idea degna e valida può scacciarne un’altra nociva e indegna.

Se nel farlo sorgono ancora in lui deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione e di accecamento, allora egli deve considerare la miseria di tali deliberazioni indegne, dannose, che provocano dolore. Nel farlo esse si disperdono, si dissolvono, e il cuore si rinsalda, si calma, diviene unito e forte. Così come una donna o un uomo giovani, fiorenti, avvenenti potrebbero spaventarsi se fosse loro legata al collo una carogna di serpe, di cane o una carogna umana; allo stesso modo un monaco che nel suo sforzo di elevarsi vedesse sorgere ancora in lui deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione e di accecamento, dovrebbe nel considerarne la miseria, vederle disperdersi, dissolversi.

Se in costui, mentre considera la miseria di quelle deliberazioni, sorgono ancora altre considerazioni nocive, indegne, immagini di brama, avversione e accecamento, egli non deve concedere loro alcun senso, alcuna attenzione. Nel farlo esse scompaiono, e, avendole superate il suo cuore si rinsalda, si calma, diventa unito e forte. Così come un uomo di buona vista che non voglia badare a fenomeni penetranti nel suo spazio visivo, può chiudere gli occhi o guardare altrove; altrettanto può un monaco non concedere a quelle considerazioni alcun senso, alcuna attenzione. Così facendo egli le vedrebbe sparire, e, avendole superate, il cuore gli si rinsalderebbe, si calmerebbe, diverrebbe unito e forte.

Se in costui, quantunque egli non conceda a quelle considerazioni alcun senso, alcuna attenzione, sorgono altre deliberazioni nocive e indegne, egli deve farle svanire una dopo l’altra, in serie. Mentre lo fa le deliberazioni si disperdono, si dissolvono. Così come se un uomo camminasse in fretta e gli venisse il pensiero: ‘Perché sto camminando in fretta? Voglio andare più adagio’. E, mentre va più adagio, gli venisse il pensiero: ‘Ma perché cammino anzitutto? Voglio rimanere fermo’. E, essendo fermo, pensasse: ‘Perché sto in piedi? Mi siederò. E, essendo seduto, pensasse: ‘Perché dovrei solo sedermi? Mi voglio distendere’. E se si distendesse egli avrebbe tralasciato i movimenti più accentuati e avrebbe progressivamente attuato quelli meno accentuati; alo stesso modo un monaco, se, a dispetto del suo disprezzo e rigetto di quelle considerazioni, sorgono ancora in lui deliberazioni nocive e indegne, deve farle sparire una dopo l’altra, in serie.

Se ancora una volta, mentre egli fa svanire una dopo l’altra quelle deliberazioni, ne sorgono delle altre, egli deve, a denti stretti e lingua aderente al palato, con la volontà, sottoporre, comprimere e abbattere l’animo. Mentre lo fa le cattive deliberazioni scompaiono e, poiché egli le ha superate, si rinsalda l’intimo cuore, si calma, diviene unito e forte. Se dunque, monaci, in uno di voi, nel concepire un’idea, nel raffigurarsi un’idea, sorgono deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione e di accecamento ed egli passa ad un’altra immagine degna; se poi egli considera la miseria di quelle deliberazioni; non concede a quelle deliberazioni alcun senso, alcuna attenzione; le fa svanire una dopo l’altra; e, a denti strette e lingua aderente al palato, con la volontà domina l’animo, lo comprime, lo abbatte, le deliberazioni nocive e indegne, le immagini di brama, di avversione e di accecamento si disperdono, si dissolvono, e, poiché le ha superate, si rinsalda l’intimo cuore, si calma, diviene unito e forte.

Costui, monaci, viene chiamato signore sulle specie delle deliberazioni. Quale deliberazione vuole, quella avrà; quale deliberazione non vuole, quella non l’avrà. Egli ha spento la sete, respinto i vincoli, con la completa conquista della mania ha messo fine al dolore.”

Così parlò il Sublime. Contenti si rallegrarono i monaci della sua parola.